Mafia, Camorra e unità d’Italia

di Ubaldo Sterlicchio

Napoli, 23 gennaio 2019

La mafia siciliana e la Camorra napoletana, prima della conquista piemontese, erano semplici organizzazioni malavitose come quelle che esistono e sono sempre esistite in ogni paese del mondo. Relegate ai margini della società civile, esse venivano efficacemente combattute dalla polizia borbonica, ai cui membri, per questa ragione, nell’ambiente della criminalità, fu affibbiato l’appellativo di “feroci”. Ma, grazie al determinante contributo fornito all’impresa dei Mille, Mafia e camorra uscirono dall’anonimato e furono legittimate a tutti gli effetti, compiendo un notevole salto di qualità: da delinquenza parassitaria si trasformarono In criminalità imprenditoriale  e si radicarono saldamente nel potere politico. Da quel momento, esse divennero una macchia indelebile, un cancro inestirpabile per questa travagliata Italia.

Nel 1978, il giudice Rocco Chinnici, martire della mafia, affermò: “Prima di occuparci della mafia del periodo che va dall’unificazione del Regno d’Italia alla prima guerra mondiale e all’avvento del Fascismo, dobbiamo brevemente, ma  necessariamente, premettere che essa come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita, in Sicilia. La mafia nasce e si sviluppa dopo l’unificazione del Regno d’Italia”.

Non sorprende, quindi, anche la recente notizia,  peraltro ben documentata da un video dei carabinieri,  concernente l’attuale formula- giuramento del rito di affiliazione della ‘ndrangheta, che così recita: “ Nel  nome di Garibaldi, Mazzini, La Marmora, con parole di umiltà formo la santa società. Giuro…”. Inoltre,  secondo la ricostruzione degli investigatori, Giuseppe Garibaldi rappresenta il “capo del Locale di ‘ndrangheta” (cioè il responsabile locale dell’organizzazione),  Giuseppe Mazzini il “contabile”  ed Alfonso La Marmora  riveste la carica di “236  mastro di giornata”,  una delle  più alte nella medesima associazione delinquenziale. L’evocazione di questi tre potenti uomini del Risorgimento,  in vita notoriamente affiliati a logge massoniche e da morti celebrati (non casualmente!) negli ambienti della malavita organizzata,  sono la chiara dimostrazione dell’ occulto collegamento esistente fra le associazioni criminali e quelle massoniche, un’interconnessione che, a partire dal 1860,  costituisce la struttura portante del sistema di potere affaristico Italico.

 

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