Gaeta e i Borbone

di Lucia Di Mauro

Napoli 15 gennaio 2018

Gaeta amò profondamente i Borbone fino alla fine, non a caso si consumò tra le sue mura l’ultima resistenza all’usurpatore piemontese in modo tanto eroico e radicale da meritarle gli appellativi di
“fedelissima” e di città martire.
Tuttavia questo amore fu ampiamente ricambiato dalla Real Casa.
Il napolicentrismo, di cui i Borbone vengono accusati dai loro detrattori, è sconfessato proprio (ma non solo) dalla considerazione che la cittadina di Gaeta ebbe nell’azione dei sovrani duosiciliani. L’eroica Castrum (appellativo con cui veniva definita la città in alcuni documenti storici del VI/VII sec.) fu in tutto il periodo borbonico, a tutti gli effetti, la seconda “vicecapitale” del Regno.
I Borbone esaltarono e diffusero molte delle preziosità della bella “perla del Tirreno”.

Ad esempio Ferdinando IV fu grande estimatore della Tiella di Gaeta (specialità gastronomica della città), tanto da intrufolarsi nascostamente, mimetizzandosi, tra la gente del posto per carpirne i segreti culinari.

Gaeta,inoltre, grazie all’ospitalità ed alla protezione che Ferdinando II di Borbone concesse a papa Pio IX nel 1848, acquistò, in quel periodo, il prestigio di capitale mondiale della spiritualità cattolica
Oltre a ciò, in tutto il ciclo temporale della dominazione spagnola, fu rafforzato il  ruolo di roccaforte della città, a difesa del Regno di Napoli, prima, e del Regno Duosiciliano, poi.
A questa sua vocazione di paladina duosiciliana, Gaeta fu fedele non solo sino al funesto13 febbraio 1861 ma fino ai nostri giorni, infatti ancora oggi è città-fortezza che, insieme a poche altre, custodisce , nella sua storia, nella sua arte, nella sua memoria, l’identità del glorioso popolo a cui appartiene di diritto.

 

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